"Il Teatro per me oggi, come i romanzi, è il terreno della massima libertà. Molto più del cinema, dove sono in ballo veramente tanti soldi e ne senti la pressione. Avevo delle cose che volevo dire. Una stima infinita per Stefano Fresi. E mi sono ritrovato debuttante con i capelli bianchi". Così Giacomo Battiato, regista di tanti successi del piccolo e grande schermo (Il nome della rosa; Karol, un uomo diventato Papa) ma anche autore di romanzi (Fuori dal cielo, L'amore nel palmo della mano), racconta la nascita di Dioggene - sì, con due G, come si direbbe a Roma - a 81 primavere suo primo testo e prima regia per il palcoscenico, che arriva all'Ambra Jovinelli di Roma dal 27 novembre all'8 dicembre, per poi proseguire in tournée (tappe anche a Novara, Firenze, Massa, Reggio Calabria). Un monologo "in tre quadri e tre lingue", prodotto dallo Stabile d'Abruzzo, Stefano Francioni Produzioni e Argot Produzioni, che ha cucito addosso a Stefano Fresi, attore che aveva diretto ai tempi della serie Il nome della rosa trasformandolo al tempo "con 4-5 ore di trucco nell'irriconoscibile Salvatore".
"Diogene - ricorda Battiato - è il filosofo greco che lasciò tutto e si infilò in una botte al mercato di Atene per essere libero di dire quello che pensava alla gente e al mondo intero. Il nostro Dioggene, con due G - sorride - se ne sta invece in un bidone immondizia alla periferia romana. Anche io avevo voglia di essere libero di dire quello che pensavo su noi umani e italiani, trattando temi come la violenza, maschile soprattutto, e la guerra. Ma anche l'immensa stupidità umana e il bisogno di bellezza e amore". Così Fresi in scena è "Nemesio Rea, un famoso attore che nel primo quadro, Istoria de oddi, bifolcho, recita nei panni di un contadino toscano del 1200, in volgare toscano. Nel secondo quadro L'attore e il buon Dio, in italiano corrente, Nemesio è all'apice della carriera. Sta per debuttare in Diavolo e il Buon Dio di Sartre, quando la moglie piomba in camerino e tra pianti e grida gli sbatte in faccia tutta la sua pochezza di uomo egoista, tronfio e vano. Nell'ultimo, Er cane de via der fosso d'a Maijana, in dialetto romanesco, l'attore molla tutto e torna dove è nato, alla Magliana, quartiere popolare della capitale. Compra un bidone della spazzatura e lì vive parlando alla gente che passa. Il tutto - aggiunge Battiato - in un'ora e mezzo ininterrotta e furiosa, un po' alla commedia dell'arte. Una sfida pazzesca per Fresi".
"Giacomo Battiato è la mente più fresca e giovane che abbia mai incontrato da quando faccio questo mestiere - commenta l'attore a distanza - Sprizza cultura da tutti i pori e ha una straordinaria capacità di offrirtela. L'ideale, il senso stesso di questo spettacolo - prosegue - è fare in modo che nessuno più si riconosca in Nemesio Rea, se non in quello della terza parte, quello risolto. Purtroppo, in questa società siamo tutti circondati da immagini orribili di guerre, notizie su femminicidi, violenza di genere. Abbiamo bisogno di bellezza, arte, letteratura. In tutti e tre i momenti dello spettacolo ci si può riconoscere. L'importante poi è abbracciare una scelta finale, che non necessariamente deve essere quella di andare a vivere nell'immondizia, ma sicuramente di gettare nei rifiuti le cose che pesano sulla nostra anima, sul nostro cuore, sul nostro senso estetico e sul nostro senso sociale". Ma tra Battiato e il teatro è sbocciato un nuovo amore? "Ora sto scrivendo un nuovo romanzo, La casa del male, un'autobiografia di una giovane ragazza - risponde lui - Ma non vedo l'ora di finirlo, per gettarmi a capofitto in un'altra pièce".
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